Dr Franco Frosini
Gestione dei pasti, frequenza e calorie
Le evidenze sulla perdita di peso
Le strategie di piani cazione dei pasti, come l’alimentazione a tempo limitato (TRE), la riduzione della frequenza dei pasti o la modi ca della distribuzione delle calorie durante la giornata, potrebbero migliorare la perdita di peso e la salute metabolica, in particolare nella gestione delle malattie croniche, ma i loro bene ci a lungo termine non sono noti
Le evidenze
I ricercatori hanno recentemente analizzato i dati presenti in letteratura che valutassero l’associazione tra strategie di tempistica dei pasti e indicatori antropometrici e metabolici. Hanno incluso gli studi clinici randomizzati, indipendentemente dalla lingua e dalla data di pubblicazione, che hanno coinvolto adulti con età superiore a 18, che hanno valutato modelli di tempistica dei pasti giornalieri per 12 o più settimane e hanno riportato le misure antropometriche. Gli studi sono stati esclusi se i partecipanti avevano disturbi alimentari, precedenti cambiamenti signi cativi di peso, erano stati sottoposti a chirurgia bariatrica, erano donne in gravidanza o se le variabili controllate differivano tra i gruppi. I dati sono stati estratti in modo indipendente da più revisori secondo le linee guida PRISMA (Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-analyses). La revisione ha incluso 69 report da 29 studi clinici con un totale di 2.485 partecipanti, di cui il 69% erano donne. Gli interventi studiati comprendevano: Alimentazione a tempo limitato (TRE): praticata in 17 studi; Frequenza dei pasti ridotta: presente in 8 studi; Distribuzione delle calorie in determinati momenti del giorno: osservata in 4 studi.
I risultati hanno mostrato che TRE è associato a una riduzione di peso rispetto al gruppo di controllo (-1,37 kg). Ridurre la frequenza dei pasti e concentrare l’apporto calorico nelle prime ore della giornata hanno avuto anch’essi un impatto signi cativo sul peso, con una perdita rispettivamente di -1,85 kg e -1,75 kg.
Signi cato clinico
I risultati suggeriscono che TRE, la riduzione della frequenza dei pasti e una distribuzione anticipata delle calorie possono supportare la perdita di peso rispetto a cure standard e consigli nutrizionali di routine. Tuttavia, la differenza di peso riscontrata è risultata relativamente modesta e di dubbia rilevanza clinica, e l’elevata eterogeneità dei metodi tra gli studi inclusi limita la certezza delle conclusioni. Per consolidare questi risultati, sono necessari studi con campioni più ampi e durate maggiori, che possano seguire un protocollo standardizzato e monitorare attentamente l’assunzione energetica. Tale approccio potrebbe chiarire meglio l’ef cacia delle strategie di tempistica dei pasti per migliorare i risultati in ambito metabolico e antropometrico
Bigliografia : Hiu Yee Liu, Ashley A Eso, Nathan Cook et al.
Fonti: JAMA Netw Open. 2024 Nov 4;7(11):e2442163. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2024.42163
GRASSO MUSCOLARE E MALATTIA CORONARICA
In nuovo studio pubblicato sull’European Heart Journal evidenzia il ruolo dell’infiltrazione di grasso nel
muscolo scheletrico (IMAT) come indicatore della qualità muscolare e del rischio cardiovascolare.
L’IMAT, correlata a infiammazione e disfunzione microvascolare coronarica (CMD), potrebbe
rappresentare un marker cruciale per identificare un fenotipo cardiometabolico ad alto rischio.
La ricerca ha coinvolto 669 pazienti sottoposti a valutazione per malattia coronarica mediante tomografia
a emissione di positroni da stress cardiaco. Sono stati analizzati i valori di riserva di flusso coronarico
(CFR), indicativi della CMD, e la distribuzione del grasso corporeo (inclusi IMAT e grasso sottocutaneo,
SAT) utilizzando immagini TC a livello della dodicesima vertebra toracica. I pazienti sono stati seguiti per
una mediana di sei anni per eventi cardiovascolari maggiori (MACE), come infarto miocardico,
insufficienza cardiaca e morte.
Quasi la metà dei pazienti era obesa, e il BMI mostrava una forte correlazione con SAT e IMAT (r = .84 e
r = .71, rispettivamente), ma non con la CMD. I risultati principali hanno indicato che:
Maggiore IMAT e minore massa muscolare scheletrica (SM) erano associati a un CFR ridotto (P = .03 e
P = .04).
Elevati livelli di IMAT aumentavano il rischio di MACE del 53% per ogni incremento di 10 cm2 (P < .0001),
mentre livelli più alti di SM e SAT avevano un effetto protettivo (riduzione del rischio rispettivamente
dell’11% e del 6%, P = .01 e .003).
Un aumento dell’1% nella frazione di grasso muscolare [IMAT/(SM + IMAT)] era associato a un
incremento del 7% nel rischio di MACE (P < .001).
L’interazione tra CMD e IMAT è risultata particolarmente significativa: i pazienti con CMD e alta
infiltrazione di grasso muscolare avevano il rischio più elevato di eventi cardiovascolari,
indipendentemente dal BMI e dai fattori di rischio tradizionali.
Questi dati sottolineano che il grasso intermuscolare rappresenta un nuovo marker di rischio
cardiovascolare, suggerendo l’importanza di interventi mirati a ridurre l’infiltrazione adiposa nei muscoli
per migliorare gli esiti cardiometabolici.
European Heart Journal, 2025;, ehae827, https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehae827
COS’È IL NORDIC WALKING?
Il Nordic Walking, o in italiano camminata nordica, è stata definita dal suo ideatore, Marko Kantaneva, il
più efficiente e piacevole allenamento al mondo, un modo per aumentare la propria vigorosità fisica,
migliorare nel complesso la propria salute e vitalità mentale.
In pratica, si tratta di una camminata in cui le braccia spingono in modo opposto ed alternato rispetto ai
piedi con l’aiuto di appositi bastoni. Durante l’allenamento i movimenti interessano fino al 90% dei
muscoli del corpo.
Il Nordic Walking era inizialmente usato come forma di allenamento estivo dai fondisti, in quanto
permetteva loro di simulare le tecniche di sci di fondo anche in mancanza di neve. L’anno ufficiale di
nascita della camminata nordica è il 1997 grazie al suo inventore, Marko Kantaneva.
Attualmente la pratica del Nordic Walking si è diffusa in molti Paesi e svolge un ruolo considerevole nel
mantenimento di una buona salute tra le persone di tutte le età in tutto il mondo.
COSA CAMBIA RISPETTO AD UNA CAMMINATA NORMALE?
Chi si approccia per la prima volta al nordic walking può pensare che sia uguale e che abbia gli stessi
benefici di una camminata normale. In realtà, questo sport comporta un
notevole aumento del consumo di ossigeno, accelera la frequenza cardiaca e il consumo di energia di
circa il 20% rispetto a una camminata senza bastoncini allo stesso ritmo
anche se la sensazione di stanchezza a fine allenamento è la stessa per entrambe le forme di
allenamento.
Ad esempio, alcune ricerche, dimostrano che il consumo totale di energia durante una sessione di
allenamento di nordic walking di 30 minuti è significativamente più alto (174 vs 141 kcal) rispetto ad una
normale camminata. Sorprendentemente, la sensazione di stanchezza è la stessa.
Inoltre, non è necessario concentrarsi sull’apprendimento di movimenti complicati. Basta camminare con
la giusta postura.
Ma ora vediamo un breve elenco che riassume le principali differenze del nordic walking rispetto ad una
normale camminata:
✓ aumenta la capacità di resistenza, rafforza e tonifica maggiormente i muscoli ed in generale la forma
fisica
✓ migliora e mantiene la salute del sistema respiratorio e cardiovascolare anche a velocità inferiori a
quelli della normale deambulazione
✓ riduce i sintomi di dolore al collo e delle spalle, e può anche essere utilizzato durante la riabilitazione
✓ come detto prima, aumenta il consumo di energia del 20% rispetto alla normale camminata
✓ aumenta la frequenza cardiaca di 10 – 15 battiti / min rispetto alla normale camminata
✓ contribuisce a migliorare la postura del corpo
✓ riduce i carichi che interessano le articolazioni del ginocchio.
Fonte: nordicwalkers.it
IL FITWALKING è “l’arte del camminare”, è una forma di praticare il cammino che ne evidenzia tutte le
potenzialità e va oltre il semplice camminare.
Il termine inglese significa letteralmente “camminare per la forma fisica”; è il denominatore comune per
tutte le attività di cammino che escono dalla normale locomozione quotidiana e diventano attività
motorio-sportiva, per il tempo libero per il relax, per il divertimento, per il fitness, per la salute, per il
benessere, ma che mantengono la comune radice del CAMMINARE BENE.
“L’arte del fitwalking” sta proprio nella scoperta che non è sufficiente camminare per fare al meglio la
passeggiata, il trekking, lo sport, il tour culturale e turistico o l’attività salutistica, ma è necessario
camminare bene, ossia camminare osservando una corretta meccanica del movimento, acquisita
conoscendo e praticando la tecnica del fitwalking.
Una tecnica semplice ma indispensabile per trasformare il normale camminare in forma sportiva ed
adatta a tutti.
Fonte: fitwalking.it
PASSO DOPO PASSO
Attuali studi sostengono che l’aumento del numero dei passi giornalieri sia un fattore preventivo per le
malattie croniche e per la mortalità prematura. Da alcuni risultati è emerso che vi è un’ulteriore riduzione
del rischio di mortalità in soggetti di 60 anni e con età inferiore a 60 anni che effettuano da 6.000 a
10.000 passi al giorno. Il prof Alessandro Laviano ha evidenziato uno studio di coorte condotto con
l’obiettivo di dimostrare la correlazione tra il numero e l’intensità di passi giornalieri e la riduzione
dell’incidenza di mortalità per tutte le cause, per malattie cardiovascolari e per il cancro.
Le evidenze fornite dagli attuali studi hanno spinto a sostenere che l’aumento del numero dei passi
quotidiani sia parte integrante della prevenzione delle malattie croniche e della mortalità prematura.
Studi recenti hanno suggerito che vi è un'ulteriore riduzione, seppur piccola, del rischio di mortalità per
tutte le cause per soggetti di 60 anni che effettuano più di 6.000-8.000 passi al giorno e per soggetti di
età inferiore a 60 anni che effettuano da 8.000 a 10.000 passi al giorno.
Un numero maggiore di passi è associato ad un livello più basso di mortalità per malattie cardiovascolari,
ma le prove sono limitate agli anziani e a popolazioni ad alto rischio, e quindi non sono sufficienti per
poter effettuare una valutazione generale.
Il prof Alessandro Laviano del Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione presso l’Università
La Sapienza di Roma, pone l’attenzione su uno studio di coorte condotto con l’obiettivo di descrivere la
relazione tra il conteggio e l’intensità dei passi con l’incidenza di mortalità per tutte le cause, incluse le
incidenza di mortalità oncologiche e cardiovascolari.
Questo studio prospettico di coorte basato sulla popolazione ha utilizzato i dati della UK Biobank per il
periodo dal 2013 al 2015 (con follow-up mediano a 7 anni) ed ha incluso adulti con età compresa tra 40 e
79 anni in Inghilterra, Scozia e Galles. I partecipanti sono stati invitati, a prendere parte allo studio,
tramite email e sono state accertate morbidità e mortalità fino ad ottobre 2021. Mentre le analisi dei dati
sono state effettuate a marzo 2022.
Il conteggio dei passi giornalieri è stato effettuato mediante l’accelerometro da polso ed è stata stabilita
la misura dell’intensità dei passi per mezzo della cadenza dei passi (passi/min): accidentali (< 40
passi/min), mirati (40 passi/min). Inoltre è stata valutata anche la cadenza di picco-30 (passi medi/min
per i 30 più alti, ma non necessariamente consecutivi).
I principali risultati dello studio sono stati basati sulla misura della mortalità per tutte le cause, della
mortalità per malattie cardiovascolari primarie o secondarie e sulla diagnosi di incidenza. Ulteriori analisi
sono state condotte su tipologie di cancro di 13 siti, che da precedenti studi hanno dimostrato essere
associate a scarsa attività fisica. Le associazioni dose-risposta sono state valutate utilizzando i modelli di
regressione spline cubiche ristrette di Cox.
È stato inoltre stimato il tasso medio lineare di variazione (MRC, mean rate of change) nel rapporto di
rischio logaritmico relativo (IC al 95%) per gli esiti di mortalità e morbidità per ogni incremento di 2.000
passi giornalieri.
Il campione per gli esiti di mortalità comprendeva 78.500 partecipanti (età media 61 anni; 43.418 [55%]
femmine; 75.874 [97%] bianchi e 2.626 [3%] non bianchi). Il follow-up è stato effettuato per circa 7 anni,
durante i quali sono morti 1.325 partecipanti a causa del cancro e 664 a causa di malattie cardiovascolari
(morti totali 2.179). Durante il periodo di osservazione si sono verificati 10.245 eventi cardiovascolari
incidenti e 2.813 eventi incidenti legati al cancro.
Un numero maggiore di passi giornalieri, per un massimo di circa 10.000 passi, è stato associato a un
minor rischio di morte per tutte le cause (MRC, -0,08; IC al 95%, da -0,11 a -0,06), morte per malattie
cardiovascolari (MRC, -0,10; IC al 95%, da -0,15 a -0,06) e mortalità per cancro (MRC, IC 95%, -0,11; da
-0,15 a -0,06).
Allo stesso modo, il raggiungimento di un numero maggiore di passi è stato associato ad una minore
incidenza di malattie. La cadenza di picco-30 è stata costantemente associata a rischi inferiori in tutti i
risultati, oltre al beneficio dei passi giornalieri totali.
Il prof Alessandro Laviano conferma i risultati dello studio e afferma che 10.000 passi al giorno possono
essere associati ad un ridotto rischio di mortalità, nonché di malattie cardiovascolari e di incidenza del
cancro. Inoltre, sostiene che lo studio fornisce prove concrete del fatto che l’attività fisica sia una
strategia fattibile, economica ed efficace per ridurre il rischio di mortalità e sottolinea che dai risultati dello
studio emerge che i passi eseguiti con una cadenza più elevata possono essere associati a ulteriori
benefici.
In conclusione, il prof Alessandro Laviano suggerisce che i medici dovrebbero informare i loro pazienti
sul fatto che per ogni incremento di 2.000 passi si ottiene una riduzione della mortalità e dell’incidenza
della malattia di circa l’8-10%.
Referenze: Del Pozo Cruz B et al. Prospective Associations of Daily Step Counts and Intensity With
Cancer and Cardiovascular Disease Incidence and Mortality and All-Cause Mortality. JAMA Intern Med.
2022;182(11):1139-1148. doi:10.1001/jamainternmed.2022.4000
Fonte: https://connect.h1.co/article/742319965
Raccomandazione: https://doi.org/10.3410/f.742319965.793595822