Dr Franco Frosini
ABC DI UN'ALIMENTAZIONE SALUTARE
Dopo dieci anni di revisioni sistematiche della letteratura mondiale l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la FAO hanno ribadito quali sono i punti base di un’alimentazione salutare. Le differenze rispetto a documenti precedenti sono lievi. (1)
Il documento pubblicato nel dicembre 2024 è molto importante perché riafferma concetti base continuamente messi in discussione non solo da influencer (senza arte né parte), giornalisti, ingegneri, personal trainer… ma anche da medici, accademici o presunte autorità nel campo della nutrizione. I modelli alimentari devono essere adeguati, bilanciati, moderati e variati, e i principi di un’alimentazione bilanciata sono sintetizzati nella tabella sottostante.
Tabella assunzioni raccomandate FAO:OMS 2024(*) Livelli di assunzione più elevati sono accettabili purché si mantenga il bilancio energetico e non si superino i limiti per i grassi saturi. (**) Sulla base della quantità di acidi grassi polinsaturi, saturi e trans nella dieta.
Gli stessi concetti sono espressi anche graficamente con le frecce che si allargano verso i due estremi ad indicare i valori minimi e massimi di sicurezza: il gradiente di colore verso il rosso indica negli estremi l’avvicinarsi verso modelli alimentari che possono comportare rischi per la salute. Invece rimanere nella zona verde centrale rappresenta il range ottimale (valori minimo e massimo) di macronutrienti da assumere.
Grassi e grassi saturi in un’alimentazione salutare
Gli acidi grassi saturi rappresentano un rischio per la salute e si devono pertanto limitare a un 10% delle calorie totali giornaliere. Meglio rimanere al di sotto di questa soglia. Ci sono diverse correnti di pensiero in ambito anche scientifico che negli ultimi anni continuano a mettere in discussione questo punto sostenendo che si possa superare la quota del 10% senza alcun problema per la salute.
La quota di grassi totali va calibrata tra un 15 e un 30% delle calorie totali giornaliere. Mantenere un valore intermedio tra i 20 e i 25% consente di rimanere nella zona verde lontani dalle zone rosse di entrambi gli estremi con un beneficio per quanto riguarda il controllo del peso corporeo. Infatti minor grassi nella dieta significa mangiare cibo con più bassa densità calorica.
FAO/OMS assunzioni raccomandateLa distribuzione di macronutrienti in un’alimentazione salutare: i valori al centro di questo schema rappresentano i range ottimali delle assunzioni di macronutrienti per gli adulti (come percentuale del totale delle calorie giornaliere consumate). Le condizioni indicate a lato possono risultare dal consumo di diete che contengono assunzioni di macronutrienti fuori da questi intervalli.
Carboidrati e zuccheri
I carboidrati rappresentano la quota calorica più importante di una dieta salutare: da un 45 ad un 75% delle calorie giornaliere totali. Quindi i sostenitori delle diete a basso contenuto di carboidrati come la dieta Paleo, La Zona, Chetogeniche varie, non sono in linea con la FAO/WHO e le migliori evidenze scientifiche. Ci sono diversi personaggi che parlano di alimentazione sostenendo diete sbilanciate low carb per poi vendere i loro integratori (sono per lo più personal trainer, ma anche giornalisti e qualche professore universitario). Per sostenere le loro tesi e vendere i loro integratori, sparano a zero contro l’OMS sostenendo che “sono tutti corrotti”. Mantenersi all’interno di un range tra i 50 e i 65% delle calorie totali (zona verde) consente di avere una dieta prudente e ottimale: più legumi, cereali integrali, pasta, riso, pane, patate…
Ancora una volta viene ribadito di non superare la soglia del 10% delle calorie da zuccheri semplici aggiunti (zucchero bianco, miele, succhi di frutta, sciroppi…), idealmente non più del 5% per prevenire le carie. Questo è un punto su cui i LARN italiani non sono in linea con la FAO/OMS avendo scelto una classificazione degli zuccheri semplici diversa. 2)
Sale e alcol
Il sale in eccesso è associato a ipertensione arteriosa che può portare a malattie cardiovascolari. L’assunzione di sale va limitata a 5 g al giorno negli adulti (ancor meno nei bambini e negli adolescenti). Ciò consente – nella maggior parte dei casi – di mantenere la pressione arteriosa nella normalità.
L’alcol, anche se è una fonte di calorie, non è considerato parte di una dieta salutare con buona pace di tutti coloro che continuano a sostenere che il vino o la birra possano avere degli effetti salutistici.
È importante tenere presente questo documento della FAO/OMS per poter smascherare e cestinare le decine di documenti, libri e teorie strampalate che ci vengono propinate ogni giorno tramite TV, radio, giornali e web. Purtroppo anche bravissimi professori universitari (endocrinologi, biologi, internisti) quando si cimentano nel campo della nutrizione dicono cose difformi rispetto a queste indicazioni che sono sostanzialmente le stesse da molti anni.
Fonte: Il Fatto Alimentare.
Referenze
What are healthy diets? Joint statement by the Food and Agriculture Organization of the United Nations and the World Health Organization
Arresto cardiaco improvviso e consumo di bevande energetiche esiste un possibile legame
BEVANDE ENERGETICHE
Le bevande energetiche - molto diffuse negli ultimi anni specialmente tra i giovani - contengono ingredienti altamente stimolanti e non regolamentati, che possono influenzare negativamente il ritmo caRDIACO
Un recente studio condotto dal gruppo di ricerca guidato da Katherine A. Martinez della Mayo Clinic di Rochester (USA), appena pubblicato su Heart Rhythm, ha analizzato i casi di arresto cardiaco improvviso (SCA) verificatisi in pazienti con malattie cardiache genetiche in prossimità del consumo di bevande energetiche, evidenziando un possibile rischio associato all'assunzione di queste bevande, specialmente in individui predisposti geneticamente.
Le bevande energetiche - molto diffuse negli ultimi anni specialmente tra i giovani - contengono ingredienti altamente stimolanti e non regolamentati, come la caffeina, la taurina e il guaranà, che possono influenzare negativamente il ritmo cardiaco.
I ricercatori hanno analizzato i dati clinici di 144 sopravvissuti a SCA, tutti valutati presso la Mayo Clinic. L'analisi si è focalizzata sulla relazione temporale tra il consumo di bevande energetiche e il verificarsi dell'evento cardiaco. Dei 144 pazienti - con età media di 29 anni - sette hanno riportato un consumo di bevande energetiche prima dell'arresto cardiaco.
Tra i 7 pazienti che hanno consumato bevande energetiche prima dello SCA, 2 hanno ricevuto diagnosi di sindrome del QT lungo, 2 di tachicardia ventricolare polimorfica catecolaminergica, e i rimanenti 3 di fibrillazione ventricolare idiopatica. Il consumo regolare di bevande energetiche è stato riportato da tre pazienti, mentre sei pazienti hanno richiesto una defibrillazione immediata per la rianimazione. Dopo l'evento, tutti i pazienti hanno smesso di consumare bevande energetiche e non hanno più avuto episodi di SCA durante il periodo di follow-up.
“È noto che l'attivazione simpatica può essere aritmogena, e questo effetto è largamente mediato dal rilascio di norepinefrina ed epinefrina” ha commentato Peter J. Schwartz, del Centro per le aritmie cardiache di origine genetica presso l'Istituto Auxologico Italiano IRCCS di Milano, in un editoriale di accompagnamento.
Heart Rhythm 2024.
BIG PHARMA - BIG TOBACCO - BIG SODA
Come Big Pharma e come Big Tobacco, le grandi multinazionali delle bevande zuccherate hanno formato Big Soda. Un cartello che, fino dalla fine del secolo scorso, ne ha riunite a decine, accomunate dal tentativo di confondere le prove, dissimulare i dati, negare strenuamente il legame tra i loro prodotti e l’esplosione di obesità, diabete, malattie cardiovascolari, carie e tumori, pur di preservare un mercato più che redditizio.
Le prove della mutua complicità sono note già da alcuni anni, e sono state portate alla luce anche grazie al Freedom of Information Act, la legge statunitense sul diritto all’informazione. L’accesso ai documenti ha consentito di svelare al grande pubblico migliaia di pagine di file interni, email e riscontri di vario tipo che hanno mostrato, al di là di ogni dubbio, l’esistenza di un progetto articolato e studiato nel dettaglio.
Soda Science: Making the World Safe for Coca-Cola Susan Greenhalgh 2024
Ora però un libro scritto dalla giornalista investigativa Susan Greenhalgh per la University of Chicago Press, intitolato Soda Science: Making the World Safe for Coca-Cola, fa un passo ulteriore. Racconta infatti in che modo Big Soda sia riuscita a continuare a espandersi per decenni, e lo stia ancora facendo nei Paesi più poveri e vulnerabili, grazie a una pseudoscienza creata e finanziata ad hoc, definita dall’autrice distorta, e alla quale hanno contribuito centinaia di ricercatori, medici e nutrizionisti che hanno accettato i finanziamenti e fornito risposte sempre finalizzate a far passare il messaggio che l’unica vera causa dell’obesità fosse l’inattività fisica.
Un percorso durato mezzo secolo
Nel 1972 il nutrizionista britannico John Yudkin pubblica un libro dal titolo Puro, bianco e mortale: come lo zucchero ci sta uccidendo e che cosa fare per fermarlo, nel quale ci sono già tutti gli elementi principali della storia di Big Soda. Ma i suoi allarmi restano del tutto inascoltati. Occorrerà aspettare fino al 2015, quando Marion Nestle, la nutrizionista di New York da decenni in prima fila nella battaglia contro lo zucchero (e i grassi e il sale e il cibo poco sano in generale) scrive un altro libro, intitolato Soda Politics: affrontare Big Soda (e vincere), suggellando così la presa di coscienza della comunità scientifica e non solo.
In un intervallo di tempo durato quasi cinquant’anni ci sono state diverse tappe intermedie, come quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che nel 2003 per la prima volta ha proposto di porre limiti agli zuccheri nelle linee guida sulla salute, o quella di New York, che nel 2013 ha vietato i bicchieri di grandi dimensioni (supersized). Poi, nel 2016, il Regno Unito ha introdotto una delle prime tasse sulle bevande zuccherate, seguita nel 2016 dalla città di Filadelfia e da molte altre città e stati, che si sono sempre scontrati e continuano a scontrarsi con chi continuava e continua a sostenere che le bevande zuccherate non abbiano alcun ruolo nell’aumento di peso.
Pure white and Deadly - Soda Politics
Il ruolo dell’ILSI
Dietro alla maggior parte degli studi, delle dichiarazioni, delle prese di posizione che cercano di negare il ruolo degli zuccheri nell’epidemia di diabesity (diabete e obesità), c’è stato, molto spesso, l’International Life Sciences Institute (ILSI), fondato nel 1978 da Alex Malaspina, che per trent’anni ha lavorato a strettissimo contatto con la Coca-Cola, fino a diventarne poi il suo vice presidente senior. Nel board dell’istituto sedevano infatti tutte le principali aziende tra le quali PepsiCo, Dr Pepper Snapple, Heinz, Hershey’s, Kellogg, Kraft, Mars, McDonald’s, Nestlé, Proctor & Gamble, oltre alla Coca-Cola. E questo spiega perché centinaia di studi targati ILSI andassero tutti nella stessa direzione.
Nel frattempo alcune aziende sono uscite dall’ILSI (compresa la stessa Coca-Cola, nel 2021), ma nel 2024 l’istituto si definisce ancora come una federazione globale, no profit, finalizzata a generare dati scientifici affinché il cibo sia sano, nutriente e sostenibile, e affinché la salute globale del ventunesimo secolo migliori.
Secondo quanto scoperto da Greenhalgh, però, la missione non è esattamente questa. Fin dai primi anni Novanta l’obiettivo era “creare una scienza che risponda ai bisogni delle aziende”, mentre già dal 1995 esiste un progetto specifico sull’obesità, finalizzato a scoprirne le cause, e a trovare soluzioni per contrastarla.
In che modo, concretamente, la scienza si possa piegare a esigenze commerciali lo mostrano le storie di due dei ricercatori di punta dell’ILSI, James O. Hill e Steven Blair, che sono riusciti a focalizzare le attenzioni sull’attività fisica. La controprova del loro successo? La Coca-Cola è ancora sponsor delle Olimpiadi, come lo è stata in ogni edizione, ininterrottamente, dal 1928. Peccato – ricorda l’autrice – che lo sport non funzioni come anti-obesità, come è stato ormai dimostrato da anni e come sa chiunque abbia provato a puntare solo sull’attività fisica per perdere peso.
Il caso cinese
Sarah Boseley, per molti anni firma di punta delle pagine scientifiche del Guardian, autrice a sua volta, nel 2014, di un libro intitolato La forma in cui siamo: come il cibo spazzatura e le diete stanno accorciando la nostra vita (Guardian Faber), nella sua recensione del libro di Greenhalgh su Lancet evidenzia un altro aspetto non meno inquietante e centrale nel testo: ciò che Big Soda ha fatto in Paesi come la Cina, e sta ancora facendo in altri più piccoli e resi particolarmente vulnerabili dal cambiamento climatico come Barbados.
In Cina, tra il 1975 e il 2022 il tasso di obesità è triplicato negli adulti e quintuplicato nei bambini. In quel caso, i ricercatori targati ILSI Cina hanno goduto di una grandissima credibilità, perché diretto da Chen Chunming, una prestigiosa nutrizionista che ha lavorato al Ministero della Salute cinese, e che ha così trasferito parte del suo prestigio all’istituto. Per la cultura del Paese di quel periodo, inoltre, nessun pericolo sarebbe potuto arrivare da una scienza finanziata dalle aziende, considerate immuni da fenomeni di corruzione o conflitti di interessi. La conferma è che le linee guida sull’alimentazione del 2003 e quelle del 2007 non facevano alcun riferimento a possibili restrizioni su pubblicità, a sugar tax o ad altri provvedimenti che potessero limitare le vendite (ne avevamo parlato in questo articolo sul ruolo di Coca-Cola nelle politiche nutrizionali cinesi). Solo nel 2021 ILSI Cina ha smesso di esistere.
Big Soda e Barbados
A Barbados, Paese che non riesce più a produrre il cibo necessario a sfamare i suoi abitanti, il junk food e le bevande zuccherate stanno spodestando qualunque altro cibo, nonostante il governo affermi di voler lottare contro l’obesità. Big Soda, negli ultimi anni, ha puntato tutto su Paesi come questo, anche perché negli altri, più ricchi, il suo declino sembra irreversibile.
Tutti i governi – sottolinea Boseley – devono essere sempre all’erta, quando vengono proposti studi finanziati in vario modo dalle aziende, e cercare di neutralizzare tutte le indebite interferenze di Big Soda. Nessuno oggi può più sostenere che l’obesità sia causata dall’inattività. Se si vogliono davvero prevenire le patologie associate all’obesità, conclude, non ci deve essere alcuna connivenza con Big Soda.
Soda Science: Making the World Safe for Coca-Cola. Susan Greenhalgh, University of Chicago Press, 2024 pp 352, US$25·00; ISBN 9780226834733
Fonte: Agnese Codignola
Il Fatto Alimentare, 13 settembre 2024
LA SINDROME DI BRUGADA, L’ULTIMA ENTITÀ CLINICO-CARDIOLOGICA DESCRITTA NEL XX SECOLO:
La "Sindrome di Brugada", inizialmente chiamata sindrome del blocco di branca destra con elevazione del segmento ST da V1 a V2 o V3 e morte cardiaca improvvisa, è geneticamente determinata da una forma autosomica dominante ed interessa le subunità alfa del canali del sodio attraverso un’alterazione del cromosoma 3 e mutazione nel gene 'SCN5A'.
Fino a tutti gli anni ottanta, questa particolare anomalia elettrocardiografica era considerata una variante normale del quadro elettrocardiografico chiamato "Blocco di Branca Destra". Nel 1986, il professore catalano Pedro Brugada ricevette il suo primo paziente con ECG tipico, un soggetto polacco che aveva sofferto diversi episodi sincopali.
Il ragazzo presentava una familiarità per Morte Cardiaca Improvvisa. Nel 1991 Pedro e suo fratello Josep Brugada (nato nel 1958), con l’aggiunta di altri tre casi clinici presentarono un abstract su questa nuova sindrome cardiologica.
L’anno successivo, i due cardiologi presentarono il loro lavoro in lingua inglese, pubblicato dalla rivista JACC, intitolato ‘Blocco di Branca Destra, Persistente Elevazione del Segmento ST e Morte Cardiaca Improvvisa: Una distinta sindrome clinica ed elettrocardiografica‘. In questo lavoro, i due fratelli spagnoli, presentarono i dati clinici su 8 pazienti (6 maschi e 2 femmine) con episodi ricorrenti di aritmie gravi interrotte che non potevano essere classificati come affetti da fibrillazione ventricolare idiopatica.