Dr Franco Frosini
COMMOTIO CORDIS
Fibrillazione ventricolare e morte improvvisa innescate da un trauma toracico non penetrante, talvolta apparentemente innocente e non intenzionale, senza danno alle coste, allo sterno, al cuore (e in assenza di sottostante cardiopatia) costituiscono un evento definito come "commotio cordis" (agitazione del cuore). Questo termine fu usato per la prima volta nel 19° secolo, per quanto descritto in precedenza......
L'assenza di danno strutturale al cuore distingue la commotio cordis dalla contusione cardiaca, nella quale l'impatto causa un danno traumatico al tessuto miocardico ed al torace.
Barry J. Maron ed al. Nejm 2010, 362, 917.
DIETA E CUORE: AMERICAN HEART ASSOCIATION, AHA 2021
Nel 2021, l’American Heart Association (AHA) ha pubblicato un documento in cui erano sintetizzati i principi basilari di un’alimentazione benefica per la salute cardiovascolare. L’AHA ha ora passato in rassegna alcuni dei regimi alimentari più diffusi e valutato quanto si allineano a quelle raccomandazioni. Per rendere le conclusioni immediate ha assegnato a ciascuna dieta un punteggio da 0 a 100. Si scopre allora che uno dei regimi alimentari esaminati raggiunge punteggio pieno, mentre quello meno salubre per il cuore conquista 31 miseri punti.
Mangiare meglio per stare meglio
“Il fatto che le linee guida dietetiche si siano evolute dal consigliare nutrienti isolati al raccomandare modelli alimentari più ampi dipende dalle crescenti conoscenze riguardo a come la sinergia tra i nutrienti e le loro sorgenti alimentari influenza la salute – spiegano gli esperti dell’AHA nell’articolo pubblicato sulla rivista Circulation – I fabbisogni di macronutrienti e micronutrienti possono essere soddisfatti adottando diversi modelli alimentari, ma spesso serve una guida per favorire una scelta saggia dei cibi con cui arrivare a uno schema alimentare salutare. Ciò è particolarmente vero in quest’era in cui proliferano disinformazione nutrizionale ed enfasi fuori luogo”.
Per favorire la salute cardiometabolica l’AHA raccomanda di:
modulare apporto e dispendio energetico per raggiungere e mantenere un peso corporeo ottimale;
mangiare frutta e verdura in abbondanza, scegliendo tra un’ampia varietà;
scegliere cibi fatti prevalentemente con cereali integrali invece che raffinati;
scegliere sorgenti proteiche sane (preferire quelle di origine vegetale; pesce e molluschi; latticini a basso contenuto o privi di grassi; se si consumano carne e pollame, preferire tagli magri ed evitare le forme processate);
usare oli vegetali (oliva, cartamo, mais) invece di grassi animali (burro, lardo) e oli tropicali (cocco, palma);
scegliere cibi minimamente trasformati invece di quelli ultraprocessati;
ridurre al minimo l’assunzione di cibi e bevande con zuccheri aggiunti;
scegliere e preparare cibi con poco o senza sale;
nel caso non si assuma alcol, non iniziare; se si beve, limitare il consumo di alcol;
attenersi a questi consigli indipendentemente da dove il cibo viene preparato o consumato.
Dimmi che dieta segui…
Andando a vedere quanto questi criteri (escludendo il primo, quello relativo al bilancio energetico) siano rispettati, le 10 diete prese in esame possono essere classificate in quattro categorie.
Fortemente allineate ai criteri AHA
Dieta nordica e altre diete stile DASH (acronimo di “Dietary Approaches to Stop Hypertension”, consigliati dagli Istituti per la salute americani [NIH]): 100 punti.
Dieta pescetariana: 92 punti.
Dieta mediterranea: 89 punti.
Dieta latto-ovo-vegetariana: 86 punti.
In gran parte allineate ai criteri AHA
Dieta vegana (grassi >10%): 78 punti.
Diete low-fat (es. dieta TLC, volumetrica): 78 punti.
Moderatamente o poco allineate ai criteri AHA
Diete very low-fat (in genere vegane, grassi <10%; es. dieta Pritikin): 72 punti.
Diete low-carb (es. dieta a zona, South Beach, a basso indice glicemico): 64 punti.
Non allineate ai criteri AHA
Dieta paleolitica: 53 punti.
Diete very low-carb (es. dieta Atkins, chetogenica): 31 punti.
Punti di forza e di debolezza
Risulta evidente che le prime quattro diete sono quelle più salutari per il cuore e il metabolismo. Sono diete flessibili, con un’ampia varietà di cibi tra cui scegliere e ricette ben conosciute in tutto il mondo. Risulta perciò agevole aderirvi sia che si mangi in casa che fuori. Esiste però il rischio di non comprendere appieno i tratti distintivi; per esempio, scegliendo la dieta mediterranea alcuni possono focalizzarsi sul consumo di olio di oliva, aumentando notevolmente l’apporto energetico, senza prestare attenzione ad altri aspetti. Con la dieta nordica bisogna fare attenzione al sale, per via dei cibi processati, meglio allora insaporire con erbe e aromi gli altri alimenti. Le diete DASH-style, in cui si consiglia un consumo consistente di latticini magri, possono rappresentare un problema per chi è intollerante al lattosio. Chi non consuma abitualmente buone quantità di vegetali, cereali integrali, noci e legumi dovrebbe adottare gradualmente questi modelli alimentari perché la quantità di fibre introdotte può inizialmente essere causa di gonfiore e crampi.
Queste diete hanno lo svantaggio di non costare poco, se si pensa al prezzo di frutta e verdura (ne andrebbero consumate 8-10 porzioni al giorno) e del pesce. D’altra parte, si va a risparmiare su carne rossa, cereali raffinati e dolci. Scegliere prodotti di stagione, comprare prodotti ittici surgelati e preferire i legumi come fonte di proteine sono strategie oculate da prendere in considerazione. Sta di fatto che i risparmi in termini di spese sanitarie derivanti da una dieta più salutare possono renderle decisamente vantaggiose dal punto di vista economico. Resta un ultimo elemento da sottolineare a favore di questi modelli alimentari: le diete in linea con le raccomandazioni dell’AHA, in cui si consuma poca carne rossa, hanno un impatto ambientale più basso e sono più vantaggiose per la salute del pianeta.
DIETETICS MADE EASY. OR NOT? DIETOLOGIA FACILE. OPPURE NO?
Se lo scopo è perder peso, la dieta è facile da prescrivere, anche se non è detto che sia facile seguirla. Il numero scritto dalla bilancia quando uno ci sale sopra è molto simile al saldo di conto corrente della banca. Se in un dato intervallo di tempo il saldo è aumentato, significa semplicemente che abbiamo versato più di quanto abbiamo prelevato. Se è diminuito abbiamo prelevato più di quanto abbiamo versato. Ma aggiungiamo anche un'altra ipotesi: se è stabile significa che, più o meno, stiamo versando quanto stiamo prelevando. Semplice e indiscutibile. Stiamo aumentando di peso? Significa che introduciamo più calorie di quante ne consumiamo. Se siamo sovrappeso, ma il peso resta stabile, significa che abbiamo ridotto l'apporto calorico quanto basta a non aumentare di peso, ma non abbastanza a ridurlo. Se la bilancia scende, e solo in questo caso, stiamo riuscendo ad introdurre meno calorie di quante ne consumiamo.
Ora le ipotesi sono sostanzialmente due:
1) IL PROBLEMA E' SOLO L'ECCESSO DI PESO e per il resto è tutto in ordine. Cioè la pressione arteriosa è normale, sono normali glicemia, colesterolo, trigliceridi, indici infiammatori......... In questo caso non c'è motivo di modificare la dieta, si tratta solo di limarla quanto basta. Basta dare un taglio ad alcolici, dolci e dolciumi e ridurre, per il resto, le porzioni di quello che stiamo mangiando. Non c'è bisogno di altri cambiamenti alimentari. E vale quanto scritto sopra. Cioè, se non otteniamo risultati, significa che stiamo ancora introducendo troppe calorie. Non ci sono altre "scuse". Semmai un aiuto importante può venire da un aumento dell'attività fisica che, incrementando il dispendio energetico rende più facile arrivare ad un bilanco calorico negativo. Tutto qui. Ciascuno può provare a ridurre le calorie da solo oppure, se non ci riesce ed ha bisogno di mettersi"sotto controllo" può farsi seguire da un Nutrizionista. Non è necessario un intervento Medico. Potrà, ripeto, aiutarsi praticando attività fisica regolare-frequente e questa, a sua volta, potrà avvenire in modo autonomo se si tratta di livello basso-moderato, o in seguito a prescrizione-supervisione Medica, se di livello più alto.
2) IL PROBLEMA NON E' SOLO L'ECCESSO DI PESO, abbiamo cioè altre spie "rosse accese", cioè, oltre ai numeri della bilancia, sono fuori posto altri parametri (pressione arteriosa e/o parametri metabolici sopra indicati, indici infiammatori. E qui il discorso si fa più complicato. Si dovrà seguire il peso contemporaneamente agli altri parametri e si dovrà adattare la dieta alle alterazioni pressorie e/o metaboliche presenti. Ci si dovrà sincerare dello stato Cardiovascolare. Ed anche l'attività fisica andrà prescritta su misura, adattata caso per caso e seguita nel tempo. Il fai-da-te non è qui proponibile ed il Nutrizionista non è sufficiente. Ci vuole una supervisione Medica Specialistica globale. Ed ecco che qui le diete non sono certo tutte uguali. Ne parleremo nel prossimo paragrafo.
ESERCIZIO FISICO NELL'ANZIANO
Gli interventi basati sull'esercizio fisico offrono un beneficio netto moderato nella prevenzione delle cadute e delle relative morbilità negli anziani a rischio. Inoltre, gli interventi multifattoriali, che combinano diverse strategie personalizzate basate su una valutazione iniziale dei rischi modificabili, forniscono un piccolo beneficio netto. Sono queste le conclusioni delle nuove raccomandazioni della U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF), pubblicate su JAMA da un gruppo di ricerca coordinato da Wanda K. Nicholson della George Washington University. Le cadute rappresentano la principale causa di morbilità e mortalità tra gli anziani negli Stati Uniti, con un tasso di incidenza del 27,5% nel 2018 e un totale di 38.742 decessi correlati nel 2021.
Il gruppo di ricerca ha analizzato 37 studi randomizzati controllati, coinvolgendo un totale di 16.117 partecipanti: gli esercizi più comunemente utilizzati includevano l'allenamento della deambulazione, dell'equilibrio e della funzionalità, seguiti dall'allenamento della forza e della resistenza, della flessibilità e dell'endurance. Gli studi hanno mostrato una riduzione significativa del tasso di cadute incidenti, e del numero di anziani soggetti a più cadute.
Per quanto riguarda gli interventi multifattoriali, 28 studi hanno coinvolto 27.784 partecipanti, con età media compresa tra 72 e 85 anni. Questi interventi comprendevano una valutazione iniziale dei rischi e interventi personalizzati come esercizi fisici, revisioni mediche e modifiche ambientali. I risultati hanno indicato una riduzione significativa del tasso di cadute incidenti, sebbene non siano state riscontrate riduzioni significative nelle cadute con lesioni, nelle fratture correlate alle cadute o nella mortalità generale.
L'USPSTF raccomanda quindi l'integrazione degli esercizi fisici nella routine degli anziani a rischio di cadute (raccomandazione di grado B) e suggerisce di decidere caso per caso se offrire interventi multifattoriali (raccomandazione di grado C).
JAMA 2024. Doi: 10.1001/jama.2024.8481
[http://doi.org/10.1001/jama.2024.8481](http://doi.org/10.1001/jama.2024.8481)
ATTIVITA' FISICA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE: conta la quantità totale e non il frazionamento.
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’American Heart Association raccomandano 150 minuti o più di attività fisica da moderata a intensa (MVPA, moderate to vigorous physical activity) a settimana per favorire il benessere del sistema cardiovascolare; ma gli effetti relativi dell’attività concentrata, in uno o due giorni, rispetto a quella distribuita nel tempo, in modo più uniforme, non sono chiari. A chiarire quale possa essere un buon modello di MVPA da seguire, come suggerisce la dr.ssa Manson, sono stati Khurshid e colleghi nello studio pubblicato sulla rivista JAMA nel luglio del 2023.
Un’attività fisica regolare è uno dei fattori più importanti che contribuisce a ridurre il rischio cardiovascolare. Come suggeriscono le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’American Heart Association, il protocollo prevede 150 minuti a settimana di attività fisica da moderata a intensa (MVPA), anche se non ci sono però specifiche indicazioni sul modello da seguire. A tal proposito la dr.ssa Manson ha posto alla nostra attenzione l’articolo di Khurshid e colleghi che hanno valutato se il modello di MVPA Weekend Warrior (guerriero del fine settimana), con la maggior parte dell’attività concentrata in 1 o 2 giorni alla settimana, presenta gli stessi benefici cardiovascolari del modello con un’attività fisica distribuita più uniformemente.
Lo studio di coorte ha considerato 90.000 soggetti sottoposti a misurazione dell’attività fisica tra l’8 giugno del 2013 e il 30 dicembre del 2015 e seguiti per un periodo di follow-up di 6,3 anni. Le misurazioni sono state effettuate con un accelerometro da polso. Partendo dai valori da protocollo delle linee guida di 150 minuti o più di MVPA a settimana e i valori medi registrati da un’indagine sanitaria nazionale del Regn Unito di 230 minuti, sono stati definiti 3 gruppi:
weekend warrior (WW), 37.872 soggetti (42,3%), con un’attività fisica pari o superiore alla soglia MVPA e con il 50% dell'attività totale svolta in 1-2 giorni;
regolare, 21.473 soggetti (24,0%), con un’attività fisica superiore alla soglia MVPA distribuita in vari giorni della settimana;
inattivo, 30.228 soggetti (33,7%), con un’attività fisica al di sotto della soglia MVPA.
Quando gli autori hanno associato questi gruppi con il rischio di fibrillazione atriale (FA), infarto miocardico (MI), insufficienza cardiaca (HF) e ictus, dopo aver tenuto conto di molti potenziali fattori confondenti (età, sesso, origine razziale ed etnica, uso di tabacco, indice di deprivazione di Townsend, consumo di alcol, livello di istruzione, stato occupazionale, salute dichiarata e qualità della dieta) hanno osservato che entrambi i modelli di attività (gruppo WW e gruppo regolare) erano associati a rischi similmente più bassi di fibrillazione atriale, infarto miocardico e scompenso cardiaco sia nei modelli che seguivano la soglia stabilita dalle linee guida (≥ 150 minuti) sia in quelli che seguivano valori soglia medi stabiliti dall’indagine nazionale (≥ 230,4 minuti).
L’attività fisica è sempre stata oggetto di discussione, come ci ricorda la dr.ssa Manson, e grazie allo studio di Khurshid e colleghi si è giunti alla crescente consapevolezza che non è lo schema settimanale, ma il carico di lavoro totale dell’MVPA a fare la differenza. Tra i 90.000 soggetti il modello di MVPA weekend warrior è risultato quello più favorito. Le varie tipologie di attività fisica, seppure diverse tra loro, in 5 anni hanno portato a risultati simili: tutte erano associate a un minor rischio di fibrillazione atriale, infarto del miocardio, scompenso cardiaco e ictus. Questo risultato, come sottolinea la dr.ssa Manson, conferma che l’impegno nell’attività fisica può ridurre il rischio in un ampio spettro di malattie cardiovascolari. Infatti i due gruppi attivi hanno mostrato rischi similmente più bassi di eventi cardiovascolari, compreso un rischio inferiore del 25-35% di infarto miocardico.
In conclusione, la dr.ssa Manson ci evidenzia che nella consulenza ai pazienti l’enfasi dovrebbe essere posta sull’avere una quantitàtotale di MVPA di almeno 150 minuti settimanali piuttosto che sulla distribuzione uniforme dell’esercizio durante la settimana.
È importante continuare le ricerche, il sistema cardiovascolare sicuramente non è l’unico sistema a beneficiare dell’attività fisica legata all’MVPA.
Referenze: Khurshid S et al. Accelerometer-Derived “Weekend Warrior” Physical Activity and Incident Cardiovascular Disease. The Journal of the American Medical Association. 2023 Jul 18; 330(3):247-252 https://doi.org/10.1001/jama.2023.10875
Fonte: https://connect.h1.co/article/742719443
Raccomandazione: https://doi.org/10.3410/f.742719443.793599958